Lo sconfinare di Gesù – Mt 15, 21-28

Ven 14 Agosto 2020

Abbiamo visto tempo fa la fame di una folla numerosa. Oggi vediamo una persona affamata, una donna cananea che si avvicina a Gesù in territorio pagano. L’evangelista Matteo sottolinea con alcune ripetizioni – a dirne tutta l’importanza – che l’episodio si svolge fuori dai confini d’Israele: Gesù parte e si dirige verso la zona di Tiro e Sidone e una donna, che veniva da quella regione, si rivolge a Lui.

Matteo utilizza il termine cananea che, nella storia biblica, era valso per designare i nemici storici del popolo, gli estranei per eccellenza. Ebbene, questa donna straniera si avvicina a Gesù con una supplica tanto precisa quanto impellente: “Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio”, e utilizza, rivolgendosi a Lui, un titolo messianico che è unicamente ebraico. Questa donna, cioè, entra nella vita di Gesù in modo deciso, abbattendo da subito delle frontiere storiche e ben consolidate, entrando di fatto in uno spazio che di per sé le sarebbe precluso. Ma Gesù, inizialmente, rialza le barriere e mette ordine nei confini.

Nell’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci erano stati i discepoli, in un primo momento, a voler congedare la folla, tanto il suo bisogno sembrava eccessivo agli occhi dei discepoli così poco provvisti di mezzi. Oggi, la scena si pone in una prospettiva diversa. È Gesù questa volta a tirarsi indietro, a ridefinire il raggio della propria azione solo entro i confini del suo popolo, a ridefinire la lista degli invitati a nozze, dalla quale qualcuno rimane fuori.

Di fronte a Lui, però, c’è una donna decisa ad entrare, in qualsiasi modo, al banchetto nuziale, convinta che a questo banchetto c’è pane per tutti, anche per lei. Chiede che Gesù entri nella sua vita, in quella di sua figlia malata, e faccia ciò che è venuto a fare, per tutti: che porti vita e salvezza. E Gesù si mette in gioco.

Potremmo dire che è lui, questa volta, a dover fare una traversata, un passaggio, un’apertura. E lo fa semplicemente ascoltando il linguaggio universale del dolore, quello vero che rende audaci. Lo fa guardando meglio, e vedendo nel cuore di questa donna quella fede grande che spesso invano ha cercato entro i confini di Israele, anche nei luoghi dove ha compiuto la maggior parte dei suoi miracoli. Di fronte a questa fede Gesù è disarmato. E se, come abbiamo detto, il Regno accade quando siamo capaci di scorgere il bene nascosto come un tesoro dentro il terreno della storia, oggi è Gesù che fa questa scoperta. Scopre che il tesoro della fede è nascosto anche fuori dai confini d’Israele, e lo trova.

(mons. Pierbattista Pizzaballa)

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