Il primo giorno della settimana

Dom 12 Aprile 2020

Ancora una volta, il Vangelo descrive le nostre dinamiche umane: i racconti pasquali infatti mostrano la perplessità dei discepoli davanti alla risurrezione, fanno fatica a credere che la vita possa trionfare sulla morte. Proprio come noi. E invece ancora una volta c’è un primo giorno della settimana: la creazione ricomincia. La luce pian piano trionfa sulla notte.

Maria di Magdala, come la sposa del Cantico dei Cantici, si getta in quella notte, perché il profumo dello sposo ha lasciato una traccia nella sua esistenza. Esce quando è ancora buio, forse proprio perché animata da un desiderio talmente forte che la spinge a cercare il suo amato non appena è possibile. O forse quel buio indica la tenebra che avvolge ancora il suo cuore: Maria è tormentata, incredula, delusa. L’oscurità che incombe sulla sua vita non le permette ancora di vedere bene quello che Dio sta già operando nella sua storia.

La tomba vuota non le parla ancora. Quel vuoto genera in lei solo delle domande. È preoccupata di non avere più un cadavere su cui piangere e fare il lamento: “non sappiamo dove lo hanno posto”. Dove andrò a piangere? Anche noi forse nella vita cerchiamo solo un sepolcro che dia senso alla nostra esistenza: un luogo in cui lamentarci. Persino la fede può essere trasformata a volte in una religione dei sepolcri, un luogo in cui riversare il nostro dolore, ma senza credere che Dio possa trasformare il nostro lutto in gioia.

Il sepolcro vuoto non è una risposta, ma rappresenta tutte quelle situazioni che ci interpellano, che ci spingono a cercare. Ciascuno è chiamato a mettersi a cercare, a partire dalla sua personale condizione. Anche Pietro e il discepolo amato sono interpellati. Escono e corrono. Il discepolo che ha sentito l’amore del Signore, che ha avuto il coraggio di rimanere sotto la croce, può correre più velocemente. Si fida. Intuisce la presenza del suo Signore. È capace di essere discreto, umile. Sa anche fermarsi e aspettare.

Pietro invece è immagine di una fede stanca, una fede lacerata dal tradimento, una fede che deve percorrere ancora un cammino di riconciliazione. Pietro vede, ma ancora non è pronto a credere. Ha bisogno di tempo. Pietro è immagine della fede che osserva, calcola, si perde nei ragionamenti. Le cose non tornano. È difficile accettare di modificare il proprio modo di pensare. Eppure non potremmo dire di aver compreso la Scrittura fino a quando non crederemo che Gesù è la risurrezione che vince la morte nella nostra vita.

In queste settimane ci siamo ritrovati con particolare violenza davanti alla morte. A maggior ragione siamo chiamati a fare Pasqua. La Chiesa non può sottrarsi, ora più che mai, all’annuncio della risurrezione: la morte non è l’ultima parola, c’è ancora un primo giorno, la possibilità di ricominciare, la vita trionfa.

(p. Gaetano Piccolo)

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